L'essere umano, animale in cattività

Pubblicato il 8 settembre 2023 alle ore 04:54

Ebbene sí, l'uomo è un animale, noi siamo animali, e questo lo sappiamo, ma forse non ci chiediamo poi così spesso che tipo di animali siamo. Qual'è il nostro habitat  naturale?

È ormai consuetudine dire che l'uomo derivi dalla scimmia, aderendo alla visione evoluzionistica di Darwin, della paleontologia convenzionale. E questo spiegherebbe perché siamo degli animali "sociali" come lo sono d'altronde tutti i primati, che trascorrono il tempo a spulciarsi, massaggiarsi, restare vicini, a volte litigare e venire alle mani, o curare la prole, esplorare l'ambiente in gruppo, o addirittura come noi farsi doni, e come noi apprendere dall'esperienza altrui e nel branco scegliere "i dirigenti", cioè i membri con attitudine più spiccata alla leadership, i più testosteronici spesso, definiti Alpha.

Prendendo spunto da questo punto di vista possiamo cogliere qualcosa di importante, a mio avviso. Il nostro habitat naturale è un luogo in cui si possa fare gruppo, sentire l'appartenenza ad un gruppo di consimili, socializzare, fisicamente. Il contatto fisico, corpo a corpo, pelle a pelle, è necessario nella nostra natura e nella nostra fisiologia, per regolare il nostro assetto ormonale e per comunicare su un piano non verbale.

Non so se vi è capitato di leggere un libro dal titolo "Il concetto del continuum" di Jean Liedloff, o il libro "Papalagi"  che significa uomo bianco ed è stato scritto dal capo polinesiano, Tuiavii di Tiavea, o il libro Walden di Henry David Thoreau.
In questi testi emerge un altro aspetto della nostra natura animale, e cioè il nostro atavico bisogno, come esseri naturali, di esprimere la nostra natura (e scusate la ripetizione) SELVAGGIA.

Questa natura SELVAGGIA non è altro che l'esigenza di fare cose che ci permettano di sentire l'istinto vivo e attivo come abbiamo visto già in diversi articoli. Ad esempio seguire i ritmi della natura, dei giorni e delle stagioni, rispettando il sonno e la veglia, l'attività e la quiete come ci vengono naturali, la voglia di movimento e socializzazione dell'estate, e la voglia di rallentare e raccoglierci in inverno. Oppure cibarci di cibo ricco di sostanze nutrienti e privo di sostanze tossiche. A tal proposito sono sicura che se per scegliere il cibo che possa entrare dentro le nostre viscere e diventare Noi, ci affidassimo ai sensi e al già citato istinto, proveremmo repulsione per molti cibi industriali spesso presenti sulle nostre tavole, e ci verrebbe da chiederci "ma davvero devo ingerire quella cosa???".

Oppure se pensiamo all'esigenza animale di usare i sensi come guida, e a quante volte invece ci impediamo di "andare a naso" perché non ci fidiamo dei nostri sensi, potrebbe stupirci accorgerci di quanto siamo disconnessi. Cosa pensereste di un lupo che seguendo una pista dicesse "no, mi sbaglio, andrò dall'altra parte"...?
Oggi scrivo un po' d'istinto, scusatemi. La sintassi non sarà proprio al meglio che la mia mente può fare. Ecco, ma siamo disposti/e a rinunciare un pochettino alla sintassi, alla forma, alla logica, al pacchetto, per dare un po' di spazio alla sostanza, all'infinito, al contenuto? Per rispondere alla Nostra Natura?

Io credo fermamente che darsi il tempo di annusare, di stare, di ripristinare i sensi nel loro pieno e dignitosissimo ruolo, che è quello conferito dalla natura perché ci guidino nel mondo, qui ed ora, sia necessario per Essere pienamente noi stessi. Tornerò su questo tema a più riprese.
Aspetto con curiosità i vostri commenti.
Grazie di avermi ascoltata.

Dott.ssa Eleonora Dunya di Federico
Ecopsicologia e Mindfulness Psicosomatica

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